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Mattonelle Inciampare nella  Cultura

Le Vie dei Poeti a Cuorgnè

Percorso Arduinico  

26 Maggio 2024

 

Un Ringraziamento speciale a tutta la giunta comunale , in particolare al sindaco Giovanna Cresto  e all'assessore Laura Ronchietto Silvano  che si è spesa in prima persona per portare  a Cuorgnè il percorso poetico Le Vie dei Poeti  , e la settima edizione del Concorso Internazionale Amilcare Solferini

 

Il percorso è incentrato sulla leggenda del mitico Re ARDUINO 

 

 

 

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Pubblicazione editoriale 

 

IL paese dei Poeti 

Percorso Arduinico

 

 

 

Inaugurazione 

Il Paese dei Poeti  

Percorso Arduinico 

 

 

 

 

 

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IL paese dei Poeti 

Percorso Arduinico

 

è entrato a far parte del programma della 34° edizione 

del Torneo di Maggio 

alla corte di Re Arduino 

 

 

 

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IL MITO IN DIVENIRE


La nostra avventura straordinaria continua
con la memoria delle piazze e delle vie
dove Arduino posò i suoi passi.
Continua nel ricordo delle persone
che a Cuorgnè diedero lustro e ancora ne daranno.
Gente normale. Gente speciale.
Gente antica. Gente di adesso.
Orgogliosi del borgo natio.
E non dimentica.
Vivo è sempre l'eco di voci eterne
regalo del passato al presente.
La memoria diventa futuro
e scoprirai di non essere solo.
Con te sempre ci sarà qualcuno
innamorato del tuo paese.
Cuorgnè.

 

Giovanni Ponzetti 

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Geolocalizzazione Stele a Cuorgnè

 

Piazza Boetto Cuorgnè

 

 

Giovanni Ponzetti 

 

 

ARDUINO


Tempesta da ovest. Nulla teme.
Sacro e profano. Annebbia il lucido pensiero
di genti adagiate su millenari troni.
Sans Despartir.
Incoronato di leggenda e mito
Arduino ombra lucente, di Canavese

 

Actis Grosso Alessandro

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 242

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

Actis Grosso Alessandro

 

 

I RIONI


Sette le contrade da te volute, Arduino.
A sette santi dedicate, a proteggere passaggi
di anime, di genti, di commerci.
Magica ognuna in differente modo
ma nei secoli uguali nella memoria.
E in maggio Cuorgnè muove passi di festa
che con i tuoi si confondono.
Nessun Rione ti ha dimenticato Arduino

 

 

Enzo Mardegan

 

 

 

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 243

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

 Enzo Mardegan

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TORRESANO


Tra i merli aguzzi della torre antica
guardi la valle placida e tranquilla
Torresano fiero dallo sguardo acuto.
La gente in basso, opera tranquilla
sa che il tuo corno lungo e possente
alla bisogna, con porta e campana,
terrà il periglio a distanza ( assai) lontana.

 

 

Carlo Currado 

 

 

 

 

 

 

Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 244

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

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Carlo Currado

Piazza croce del borgo

 

La grande croce ritta ad accogliere e benedire

mercanti e viandanti provenienti da ogni dove

avvolta appare nelle prime luci del mattino                

baciata dal fumo sprigionato dai bracieri

i fiotti acri pigramente a riscaldare

quanti si apprestano a vendere o barattare       

a condividere e vivere la piazza del Borgo

satura più tardi anche di un vociare pieno

donne e uomini nell’intento di fare affari

come api laboriose si portano di fiore in fiore

il sole piano detta il giorno con i giochi d’ombra

“gnomone” ognuno di una grande meridiana

solitaria, infine, rimane la croce al calare della sera

attende l’ultimo passante, un segno e la preghiera.

 

Umberto la Marra

 

 

 

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 246

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

Umberto la Marra

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Via Magna Burgis

 

Sorge il sole all’orizzonte,

le bancarelle come fanti son disposte.

S’alza una leggera brezza nell’aria,

s'ode qua e là un gran vociare di gente.

Un tempo arteria pulsante del borgo antico,

Oggi porti il nome del tuo re immortale: Arduino

 

 

Marco Actis Piazza

 

 

 

 

 

 

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 248

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

Marco Actis Piazza

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Giuseppe Giacosa

 

Fui commediografo e il mito ricordo.

Salir per le vie lo avverto ancora,

indomito e coraggioso.

E a maggio tornano le sue gesta.

Tra leggenda e realtà,

Arduino mai nessuno dimenticherà.

 

Gabriella Coda

 

 

 

 

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 251

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

Gabriella Coda

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Il Campanario

 

Tic Tac Tic Tac.

Il batter delle ore scandisce la Vita.

Triste illusione il pensarla gestita.

Soltanto uno lo può fare:

Il Campanario che sa ascoltare!

 

Marco Motto Ros

 

 

 

 

 

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 247

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

Marco Motto Ros

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Vescovo Warmondo

 

L'invidia. Che sane meningi massacra

s'impossessa dei miei precordi

mi appello allora al mio potere spirituale

inveisco minacce di scomunica

Arduino: le fiamme del tuo furore oggi

rogo infernale saranno domani

 

Caterina Castellano

 

 

 

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 249

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

Caterina Castellano

IL PORTONARO

 


Non sprono eserciti,
eppur sono importante.
M’appellano il portonaro che,
con le note mattutine e serali dell’Ave Maria,
apro e chiudo imponenti portoni.
Tranquilla Cuorgnè,
ci sono pur io a pensare a Te.

 

 

Laura Roldi 

 

 

 

 

 

 

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 245

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

Laura Roldi

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Bonifacio Ferrero

 

volle il cardinal Ferrero

data la scomunica papale

toglier da sacra Fruttuaria

di Arduino le onorate spoglie

a interrare i resti in orto

e con disprezzo farne torto.

 

Matteo Gallenca

 

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Geolocalizzazione  Mattonella

Cuorgnè  n° 250

 

Piazza Boetto CUORGNè (TO)

 

 

Matteo Gallenca

ITALIA, PIEMONTE, CANAVESE, CUORGNE'
Brevissimo racconto di un marchese diventato re

 

 

Si fa presto a dire Arduino, re Arduino, un uomo attorno al quale ha girato un mondo e che ha
avuto connotazioni di incredibile natura umana e politica al punto di trasformarsi in Mito e
presentarsi al nostro tempo con vestigia indelebili.
È certamente consigliabile per ciò una visita alla città di Ivrea dove, affissa al muro del Duomo vi
è la lapide commemorativa posata nel 2002: una data dalla quale erano passati mille anni da
quando venne incoronato re e Ivrea in qualche modo richiama a sé Arduino verso cui, ai tempi,
non elargiva grandi attestati di stima, anzi sembrava quasi tenerlo discosto da sé o comunque
non si disperava della sua lontananza.
La data di nascita del marchese che venne fatto re è tuttora incerta (ebbe i natali a Pombia nel
955 circa e rese l'anima a Dio nel 1016 a san Benigno, nell'Abbazia di Fruttuaria) per contro
sappiamo che attorno al 990, quando viene a mancare l'allora marchese di Ivrea Anscario,
discendente dalla dinastia degli Anscarici di origine Borgognona/Tedesca, sale alle cronache il
nome di Arduino.
In quel periodo il Re d’Italia era l’imperatore Ottone terzo di Sassonia, il quale diede incarico
proprio a lui di governare la Marca d’Ivrea, nominandolo così Marchese.
Questo è già di per sé un evento particolare e importante su cui riflettere perché Arduino viene
nominato per fiducia e non per diritto dinastico, come si tende a pensare oggigiorno. Pertanto,
l’arrivo di Arduino a Ivrea (al tempo Eporedia) può essere visto come l’esito di una carriera, il
culmine di una scelta politica, voluta dalla famiglia degli Ottoni per la fiducia e l’intraprendenza
militare con cui Arduino molto probabilmente si era distinto.
E' da questo momento che inizia la Storia di Arduino; sappiamo che si spostò, o probabilmente
gli venne ordinato di portarsi verso una zona periferica, la Curtis Canava, l'odierno Canavese,
dove vigeva appunto il controllo della Marca d’Ivrea.
Ciò potrebbe a prima vista sembrare una sorta di promuovere per rimuovere, in realtà pur
essendo questa una circoscrizione di dimensioni e prestigio ridotte rispetto a Eporedia, era per
contro logisticamente molto importante anche perché, situata ai piedi delle Alpi, si trovava in una
zona di frontiera nella quale era attiva una intensa viabilità : vi confluivano le strade che dalla
Lombardia passavano da Ivrea e dal Vercellese, altre arrivavano dalla Val D'Aosta per
proseguire, come pedemontana ante litteram, fino ad Avigliana, al Piemonte Occidentale e
quindi ai valichi della Valle di Susa.
C'era anche un'altra importante strada, quella che collegava Torino al Valico della Galisia
passando per la Valle dell'Orco e aveva come destinazione le Gallie, la Francia.
A questo punto il riassunto è semplice e strategico allo stesso tempo: chi comandava lì,
controllava uno dei collegamenti cruciali fra la Germania la Francia e l’Italia che allora
comprendeva solo il nord, e neanche tutto, e poi una parte del centro della penisola.
Nell'abitato di Cuorgnè i percorsi si incrociavano nella Piazza Croce del Borgo dove una grande
croce sacralizzava e cristianizzava il quadrivio, e per Cuorgnè rappresentava il centro del
mondo: ora è Piazza Boetto.
Torniamo indietro con la memoria e proviamo a immaginare il brulicare di persone che
andavano e venivano portando mercanzie di ogni genere con l'intento di venderle all'altra parte
della gente, quella che, da che mondo è mondo, è lì per guardare e comprare.
Il fulcro del commercio si divideva tra questa piazza, come detto, e la via principale che
attraversava il borgo, chiamata la Via Magna Burgi, oggi Via Arduino, dove trovavano ospitalità i
venditori ai quali era assegnato, e ben marcato, a ognuno il proprio posto in modo che tutto
avesse una parvenza il più possibile ordinata.
Questa attenzione da parte dell'autorità e della stessa collettività cuorgnatese non deve passare
in secondo piano anzi: era il miglior modo per attrarre uomini e donne di commercio,
rappresentava il biglietto da visita di Cuorgnè e serviva di certo come un positivo passaparola

utile per aumentare la conoscenza e la fiducia in quel borgo ai piedi delle montagne e
circondato dai boschi.
Ai giorni nostri questo modo di agire si chiama “promozione del territorio”.
Cuorgnè divenne poco a poco un borgo di sempre maggiore rilevanza e grazie anche a questo
notevole passaggio di genti si svilupparono, repetita iuvant, floridi commerci con uno scambio di
ogni genere di prodotti, da e per città e stati confinanti, portando il paese a godere di un
benessere che paragonato ad altre realtà era di molto superiore, anche rimanendo negli ambiti
legati al periodo medievale di cui stiamo trattando.
Non bisogna però dimenticare, anzi è bene sottolinearlo, che il pur importante borgo resta
sempre un paese collocato geograficamente tra boschi colline e montagne; per questo
diventano quindi imprescindibili le misure di sicurezza conosciute e possibili a quei tempi,
vale a dire porte massicce, solide mura tutto attorno all'abitato, fossati colmi di acqua, ponti
levatoi, senza dimenticare una sorta di sicurezza che potremmo definire passiva, ovvero le torri
di avvistamento e i campanili, entrambi con lo scopo ben preciso di intercettare eventuali
nemici.
Si formarono quindi delle adeguate figure strategiche di primissimo piano: il Torresano, il
Campanario Comunale e il Portonaro.
Quest'ultimo era colui che praticamente doveva aprire e chiudere le porte di entrata e uscita dal
paese; nello specifico l'apertura avveniva all'Ave Maria del mattino e la chiusura all'Ave Maria
della sera: in questo modo si cercava di evitare, entro i limiti del possibile, che nel paese,
sprofondato nell'oscurità, potessero introdursi animali selvatici che popolavano i boschi contigui,
quali lupi, cinghiali, orsi; era questo il modo di offrire il più possibile tranquillità alle persone che
si preparavano al riposo notturno.
Naturalmente è lecito pensare che in caso di pericolo le porte venissero chiuse e sprangate più
velocemente e certamente con maggiori e differenti sicurezze rispetto alla normalità quotidiana.
Al Campanario erano demandati i compiti di cadenzare le ore per chi stava nei campi ma in
generale per scandire le ore del lavoro, considerata la mancanza di orologi; era anche suo
dovere segnalare l'apertura e la chiusura delle porte.
Vi è una cosa ai nostri giorni impensabile ma al tempo assai importante, e cioè che il
Campanario suonasse a distesa in caso di forte vento per avvertire di spegnere fuochi domestici
e ciò a causa dei tetti di paglia che potevano facilmente incendiarsi; doveva poi altresì suonare
a distesa, avvertito dal Torresano, nel caso ci fosse sentore di pericoli riconducibili a banditi o
peggio ad armigeri non desiderati; e inoltre suonava per altre mansioni che gli erano affidate
dalle autorità.
La figura del Torresano era indispensabile soprattutto nei momenti in cui i vari signori erano in
lotta tra loro, cosa che non era poi così rara al tempo; stipendiato dal comune, costui doveva
stazionare di vedetta sulla comunale Torre Quadra ove si approntava il giaciglio che aveva
l'obbligo di non abbandonare mai, facendosi sostituire da qualche suo famigliare in caso di
bisogno.
All'avvistamento dei nemici suonava il corno da guerra di cui era dotato per avvertire del
pericolo e a quel punto Campanario e Portonaro provvedevano ad amplificare e completare le
misure di sicurezza.
Il corno del Torresano era quindi uno strumento importantissimo per la sicurezza del borgo.
Questa considerazione porta a pensare che proprio da questo strumento potrebbe derivare
l'antico stemma di Cuorgnè e forse anche il nome stesso del paese.
Non mancavano anche altre persone con compiti e mansioni diverse a completamento del
funzionale sistema di organizzazione della vita di Cuorgnè in tutti i suoi aspetti; questo rende
l'idea di quanto già allora fosse sviluppato e ben organizzato questo borgo tanto da diventare il
punto di riferimento di tutta la Curtis Canava.
Questo era di fatto il prestigioso capoluogo dove comandava Arduino.

Si evince chiaramente come al marchese fosse demandato un compito di certo prestigioso ma
altrettanto complesso.
Come se non bastasse la situazione via via si fa sempre più difficile per svariati motivi ma a
causa di uno in particolare e cioè che la sua autorità veniva sovente messa a dura prova dal
potere dei vescovi locali i quali cercavano in ogni modo di limitarla perseguendo anche l'intento,
eventualmente, di appropriarsi dei suoi possedimenti.
Da qui ebbero inizio le lotte, vere e proprie circoscritte ma sanguinose guerre, contro i
metropoliti di Ivrea e Novara, ma soprattutto di Vercelli.
Nel 997 i contrasti col vescovo della Città sul Sesia sfociarono addirittura in una guerra e,
seguito dai secundi milites (i vassalli minori a servizio delle chiese che temendo la perdita dei
propri feudi si allearono con lui) Arduino mise a ferro e fuoco la città, incendiandone il Duomo e provocando la morte dell’odiato diacono Pietro.
Allarmato e molto preoccupato dalla condotta di questo marchese, ecco che il vescovo di Ivrea,
Warmondo, invia una lettera di monito nella quale diffidava Arduino dall’intraprendere ancora
qualsiasi altra azione militare o politica, pena la scomunica.
Va ricordato che Warmondo, difficile pensarlo come un semplice pastore della Chiesa e
predicatore di vangeli, è lo stesso vescovo che riuscì a ottenere proprio dall'imperatore Ottone
III la facoltà di amministrare giustizia, riscuotere tributi e mobilitare truppe locali, assumendo il
ruolo di “vescovo conte” fedele all'imperatore alla stregua di altri in numerose città italiane.
Preso atto di questo ulteriore potere concesso al vescovo,, viene naturale pensare che
Warmondo ancora di più si sentisse minacciato dal marchese in armi, che si dimostrava
sempre più uomo risoluto, battagliero e refrattario a qualsiasi autorità che non fosse la sua;
infatti a dimostrazione di ciò Arduino, assolutamente incurante dell’avvertimento, riguardo la
scomunica, proseguì con le azioni militari e questo gli portò inevitabilmente l’anatema.
Il testo della scomunica può dare un'idea di come a dieci secoli dalla morte di Cristo la Chiesa e
i novelli apostoli stessero interpretando e praticando i suoi insegnamenti evangelici...
Malediciamo Arduino ed Amedeo suo fratello, predoni e devastatori della chiesa di Dio; malediciamo tutti
i cittadini d’lvrea che loro diedero aiuto e consiglio; siano maledetti nella città, nei campi, maledetti i loro
beni e le loro terre e gli armenti e tutti i loro animali, maledetti dove entrano, donde escono; mandi lddio
su di essi la fame e la pestilenza: siano maledetti vigilanti, viaggianti, dormenti, riposanti. Li percuota
lddio con miserie, febbri, geli, arsure, infermità fino alla morte. Li percuota il delirio, la cecità, il furore
della mente in ogni tempo, i loro figli siano tosto orfani e vedove le mogli. Dio fagli come rota al vento,
come fuoco che avvampa in foresta, come fiamma sprigionata dai monti. E queste maledizioni tutte, dalla
pianta dei piedi al vertice dei capelli, li avviluppino per ogni dove, finché non tornino penitenti e sommessi
nel seno della madre chiesa. E tutta la plebe di questa madre chiesa dica: “Cosi sia, cosi sia. Amen”
Testo della scomunica di Arduino
Come non bastasse, due anni dopo Arduino venne poi convocato a Roma per una forte diffida
papale, presenziando al processo a suo carico avviato da Papa Silvestro II, che lo dichiarò
senza appello “nemico pubblico”.
Questo fatto per Arduino fu niente più di un episodio passeggero: infatti non gli impedì di
accrescere la sua potenza, al punto che, alla morte dell’Imperatore Ottone III nel gennaio del
1002 cui seguì un vuoto di potere protrattosi per troppo tempo, un’assemblea segreta di pochi
ma potenti signori prese in mano la situazione e proclamò Arduino Re d’Italia.
Arduino marchese di Ivrea venne incoronato Re nella chiesa di San Michele a Pavia di fronte a
questi pochi ma potenti signori del Regno d’Italia: ricevette la Corona ferrea, la stessa con la
quale venne incoronato Carlo Magno, oggi conservata nel Duomo di Monza.
Era il 15 febbraio del 1002, re Arduino avrebbe regnato e fatto parlare di sé nei successivi dodici
anni per ritirarsi poi nell'Abbazia di Fruttuaria a San Benigno dove il 14 dicembre 1015 rese
l'anima a Dio.
Uno dei tanti avvenimenti che caratterizzarono la sua movimentata vita lo vede rifugiato nella
Rocca di Sparone assediato da una coalizione nemica dalla quale riuscì a liberarsi e quindi con

i suoi fedeli, da lui chiamati gli Sparonisti, pochi mesi dopo occupò la città di Vercelli.
Sembra addirittura che Arduino prese Pavia, dando poi il suo consenso a una donazione da
parte del figlio Ottone di un complesso fondiario alla diocesi di Pavia retta dal nuovo vescovo
Rainaldo: ecco, a futura memoria, un Arduino certamente guerriero ma anche stratega politico
da cui il mito, nel bene e nel male ebbe inizio e continuazione.
Secoli dopo, nel 1525, ci fu chi alla sua memoria rese un servigio assai nefasto: il cardinale
Bonifacio Ferrero, abate di Fruttuaria, considerava indegno il fatto che le spoglie di Arduino, lo
stesso scomunicato in vita dal vescovo d'Ivrea Warmondo, fossero conservate come preziose
reliquie addirittura sotto l'altare maggiore dell'abbazia e venisse loro reso un vero e proprio
culto, quasi fosse un santo.
Prese quindi di sua iniziativa la decisione di violare il sepolcro e di seppellire in terra
sconsacrata, nell'orto del monastero, ciò che rimaneva di Arduino.
Passarono altri due secoli e mezzo ed ecco che a seguito di tumultuose vicissitudini, peraltro in
linea con il personaggio, in cui nobili famiglie si distinsero (dando il meglio o il peggio di sé) le
spoglie, o presunte tali, di re Arduino trovano sistemazione e pace nel castello di Masino dove
ancora riposano.
Il tempo comunque riserva ancora sorprese: nel 1897 fu la volta di un prestigioso canavesano,
Giuseppe Giacosa, il nostro grande drammaturgo, librettista e scrittore, a essere affascinato dal
mito di re Arduino.
Un Arduino che il Giacosa non faceva segreto di considerare, pur con tutte le incertezze
storiche, un padre della nostra attuale patria Italia, se non il padre; alla stregua di ciò trovò il
modo di dedicare, nel suo libro Castelli Valdostani e Canavesani un emozionante pensiero da
cui è tratto questo stralcio:
«...Al conte di Masino coceva il pensiero di quelle poche ceneri, già tolte alla sacra volta e ai
canti della chiesa, già rapite alla ferace terra di Fruttuaria, mal guardate e cadute ora... a tale
padrone, cui non le consacrava nessun vincolo di sangue, nessuna ragione né di nome né di
memorie. Però le sue alte cariche non gli permettevano aperta dimostrazione, né la remotissima
agnazione potevagli attribuire il diritto di rivendicare le spoglie mortali del grande antenato.
Chiudeva nell'animo la pietosa ira, alla quale era conforto l'amore della marchesa e il sapernela
partecipe. Ma la pietà femminile è industre e temeraria...».
Remotissima agnazione... il grande antenato... dalla morte di Arduino non fu che un cercare di
appropriarsi un brandello di discendenza, di parentela, addirittura di consanguineità da parte dei potenti di turno impegnati, tra una guerre e l'altra, a cercare in Arduino il regale riferimento per la
loro casata.
Niente di nuovo o di così sconvolgente: è l'eterna ricerca del Mito, il tentativo di impossessarsi
dell'anima di un grande che ci ha preceduto, a volte senza andare tanto per il sottile.
Su questa traccia, in un solco che inconsciamente mai si è interrotto, l'attuale Cuorgnè rende
onore a re Arduino, e di riflesso anche a se stessa, ricordando le vie, le piazze e i rioni che lo
videro protagonista con i personaggi tramandati dalla memoria che in questo modo si fa
memoria del futuro... anime di gente antica in volo per il mondo.
E la parte di mondo che sta in canavese attende il mese di maggio per ricordare queste anime
antiche, diventate il tempo della celebrazione del Mito.
Da oramai quasi quarant'anni Cuorgnè ripropone fattivamente le gesta del suo re, certo del fatto
che la presenza di Arduino è sempre stata palpabile, come se veramente la sua anima abbia
continuato ad aleggiare sul borgo, seguendo e vegliando la sua evoluzione che poco a poco ha
trasformato il paese in una piccola città.
Sono sette i Rioni di Cuorgnè: Sant'Anna, San Faustino, San Giovanni, San Giacomo, San
Rocco, San Luigi, Ronchi San Bernardo Maddalena.
Durante il mese di maggio, Cuorgnè si trasforma e tutto entra nello spirito di una ricorrenza che
sembra trasfondere una sorta di magia coinvolgente: donne, uomini, bambini e adulti, nessuno
è escluso, nessuno si sente fuori dal coro.
È

È una vera Festa sotto ogni aspetto, niente è trascurato, costumi, danze, cortei, ritorno agli
antichi fasti ma senza che tutto questo dia l'idea di essere fatto in modo forzoso o solo perché
questa è la tradizione; in ogni rione è viva una sensazione che da anni si ripete...
...pare di tornare ai tempi in cui Arduino portava i suoi passi sul selciato di Cuorgnè.

 

 

 

 

 

 

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